I limiti al diritto di antenna

  •  La Cassazione ha avuto, di recente, occasione per tornare a pronunciarsi sul problema delle antenne sugli edifici. La Corte ha ribadito il principio secondo il quale il diritto di installazione va contemperato con quello della proprietà, senza sacrificio dell'uno a favore dell'altro. Il commento dell'Avv. Paolo Gatto.
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I limiti al "diritto di antenna".

La Cassazione ha avuto, di recente, occasione per tornare a pronunciarsi sul problema delle antenne sugli edifici.

La questione, già dibattuta da anni, e oggetto di particolari interpretazioni estensive che coinvolgono la libertà di pensiero e di parola, soprattutto per quanto concerne alcune decisioni dei giudici di merito, assume particolare rilevanza per la continua evoluzione dei sistemi di ricezione (satellitare, terrestre, fibre ottiche).

La pronuncia (Cass. n. 9427 del 21/04/2009) ha confermato un recente orientamento (Cass. n. 9393 del 06/05/2005) che escludeva che il titolare dell'impianto potesse procedere ad installazione su parti altrui qualora fosse possibile su una parte di proprietà sua o condominiale.

Nel caso in specie, un condomino aveva preteso di installare un'antenna di ricezione televisiva sul lastrico solare di proprietà di una condomina quando sarebbe stato possibile il posizionamento sul torrino (condominiale) della scala.
Secondo la S.C. il diritto non comprende la facoltà di scegliere voluttuariamente il sito preferito per l'antenna, ma va contemperato con i principi vigenti in materia di condominio e di servitù coattive.

L'interpretazione restrittiva dell'art. 1 L. 554 del 1940, a detta della Corte, trova riscontro nello stesso articolo 2, che stabiliva che le installazioni non devono impedire o limitare l'uso della proprietà o arrecare danni e che tale norma è stata riportata nell'art. 209 della legge sulle telecomunicazioni elettroniche, per cui la limitazione della proprietà, ancorché prevista per legge, deve essere minima.

Invero, il diritto ad installare sul tetto di un edificio un'antenna radio, così come, originariamente, previsto dalla legge del 1940 sopra citata, si configurava quale diritto personale del cittadino e non quale diritto reale del proprietario di un fondo e rispondeva ad esigenze di ordine pubblico, affinché fosse consentita la massima espansione della radio di Stato.

Detta norma, più recentemente, è stata richiamata dai giudici di merito ed interpretata alla luce dei principi di libertà di esprimere il proprio pensiero e, non di rado, è stata operata un'applicazione estensiva tale da legittimare comportamenti diretti a limitare il diritto del proprietario diritto ritenuto, a volte, meno meritevole di tutela della libertà di espressione.

Così il Tribunale di Terni (Sent.19/01/1998) aveva ammesso, in ragione della libertà di pensiero, una compressione del diritto di proprietà, il Tribunale di Casale M. (Sent.. 05/12/1994) aveva riconosciuto all'art. 21 Cost. (libertà di pensiero) contenuto precettivo che avrebbe consentito l'applicazione analogica dell'art. 1 L. 554/94 al fine di legittimare il posizionamento di un'antenna per radioamatori ed il Tribunale di Latina (Sent.16/11/1992) aveva riconosciuto il diritto all'attività radiofonica privata con posizionamento di antenna emittente su un edificio.

La Corte, invece, ha ribadito il principio secondo il quale il diritto di installazione va contemperato con quello della proprietà, senza sacrificio dell'uno a favore dell'altro.

E' da rilevare, infine, che quelle interpretazioni della legge del 1940 (in realtà prevista per motivi diversi) dirette al riconoscimento di diritti costituzionalmente garantiti, dovranno essere definitivamente abbandonate a seguito dell'emanazione della legge sulle telecomunicazioni (D.lgs 01/08/2003 n. 259) che disciplina, secondo gli attuali principi di ordine pubblico delle telecomunicazioni, l'esercizio dell'attività.

Paolo Gatto