I contratti di locazione
L'Italia, una Repubblica fondata sui timbri

A noi, solo il pensiero ai contratti di locazione fa venire il nervoso, tanto è stata ed è ingarbugliata, complessa, macchinosa, la normativa.

  • Il contratto libero ai sensi dell'art. 2 comma 1, legge 431/98
  • Il contratto concordato ai sensi dell'art. 2, comma 3, legge 431/98
  • Il contratto transitorio

Correva l'anno 1992, l'anno della legge sui patti in deroga. In quei tempi per fare un contratto di locazione fuori equo canone e a norma di legge relativamente ad un immobile già costruito da tempo, cioè non compreso nel primo comma della legge, bisognava perdere moltissimo tempo e la burocrazia la faceva da padrona come sempre. Infatti occorrereva fare vidimare il contratto di locazione dalle rispettive organizzazioni di categoria. Bastava sbagliare una virgola, saltare un timbro che il proprietario rischiava di vedere il contratto trasformarsi in equo canone.

 

Timbro selvaggio
Una volta raggiunto l'accordo tra proprietario e inquilino e firmato il contratto, l'inquilino doveva portarlo presso una organizzazione di categoria degli inquilini, pagare l'obolo e farsi mettere il timbro. Quindi viaggio in città presso la sede dell'organizzazione, cercare un parcheggio, consumare benzina, inquinare, intasare il già caotico traffico cittadino, stressarsi, rischiare la vita sua o quella di altri in un possibile incidente stradale, prendersi una giornata di ferie dal lavoro, mettersi in coda e aspettare paziente il proprio turno, consegnare il contratto e farsi mettere il "magico" timbro: Il timbro di un sindacato inquilini

Tutto questo naturalmente è stato deciso e studiato appositamente per favorire e facilitare le locazioni a quegli inquilini che non trovavano casa tanto facilmente. Erano i patti in deroga che si sono trasformati nel cosiddetto secondo canale della legge 431/98.
Il timbro del sindacato inquilini
Stessa trafila toccava al proprietario di casa: ricevuto il contratto dall'inquilino, vidimato dalla sua associazione di categoria, iniziava anche per lui il valzer dei timbri. Quindi doveva portare il contratto presso la sua organizzazione di categoria (UPPI, Confedilizia, APPC, etc.) e pagare l'obolo pure lui. Altro viaggio e relativa perdita di tempo. Lasciare il contratto in sede e tornare a ritirarlo vidimato dopo circa una settimana. Quindi due viaggi anche per lui: una prima volta per portare il contratto ed una seconda volta per andarlo a ritirare. Assurdo! Ma tutto questo era imposto dalla Legge e non ti potevi sottrarre, pena il rischio di vedere il contratto trasformato in equo canone.

Timbro del sindacato proprietari

Il problema era che in tutto questo giro di scartoffie si rischiava di non rientrare nei fatidici 20 giorni dalla stipula del contratto per la registrazione presso l'Ufficio del Registro in tempo utile. Lo spauracchio di una possibile sanzione da parte dell'Ufficio del Registro dovuta al ritardo, ti metteva un po' di strizza.

Non ti diciamo le notti insonni passate a pensare se ce l'avremmo fatta o meno a portare il contratto in tempo utile all'Ufficio del Registro. Comunque il problema si poneva realmente e certi Uffici, visto il susseguirsi di date sul contratto (perche' ogni organizzazione metteva la propria data di timbratura), prendevano come buona la data più arretrata nel tempo, altri invece, prendevano per buona la data piu' recente, cioè quella messa per ultima, lasciandoti un po' più di respiro. Non ti dico il giro di telefonate fatte ai vari Uffici del Registro per cercare di venirne a capo.

Poi intervenne la Corte Costituzionale che decretò l'incostituzionalità dell'obbligo di vidimazione da parte delle associazioni di categoria, un casino che non abbiamo molto seguito. Comunque questa è la storia di come funzionavano in Italia molti contratti di locazione tra il 1992 ed il 1998.

Infine il proprietario provvedeva alla registrazione del contratto con un altro timbro:

Timbro dell'Ufficio del Registro

Un altro viaggio presso la sede dell'Ufficio per fare apporre il timbro. Viaggi che nessuno ci retribuisce, ma che sottraggono tempo al nostro lavoro e ai nostri impegni. Viaggi per pratiche che mettono il cittadino al servizio dell'apparato burocratico dello Stato.