Commenti alla proposta di legge della Regione Liguria

La Regione Liguria ha nel cassetto una proposta di legge recante "Norme per l'esercizio della professione di amministratore condominiale ed immobiliare".

Esaminiamo e commentiamo il testo della proposta di legge.

L'art. 1 al comma 1 dice che per esercitare l'attività di amministratore condominiale e immobiliare è necessaria l'iscrizione all'Albo professionale di cui all'articolo 2.

Il comma 2 dice che l'iscrizione all'Albo provinciale abilita all'esercizio dell'attività su tutto il territorio regionale. Ciò significa che un amministratore residente in Piemonte non può iscriversi all'albo (art. 2 c. 1) e quindi non può esercitare in Liguria (art. 1 c. 2). Si tratta di una grave e inaccettabile discriminazione contraria alla politica di liberalizzazione dell'attività professionale voluta dalla Comunità Europea.

L'art. 2 al comma 1 dice che è istituito presso ogni Collegio provinciale, di cui l'art. 7, l'Albo degli amministratori condominiali e immobiliari nel quale sono iscritti coloro che risultino in possesso dei seguenti requisiti:

  • a) superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione;
  • b) partita IVA
  • c) disponibilità di una sede appropriata
  • d) copertura assicurativa per gli eventuali danni derivanti dall'esercizio dell'attività professionale
  • e) residenza in un comune rientrante nel territorio provinciale;
  • f) versamento della quota annuale di iscrizione di cui all'articolo 6 comma 1 lettera c).

Tra i requisiti c'è il versamento di una quota annuale di iscrizione, una gabella da pagare da parte dell'amministratore, gabella che molto probabilmente gli amministratori gireranno ai condomini e che finirà per gravare sui soliti proprietari, gli utenti finali.

L'art. 4 dice che: "E' istituito il Collegio regionale degli amministratori condominiali e immobiliari, con sede in Genova, di seguito denominato Collegio regionale" e il comma 2: "sono organi del Collegio regionale il Consiglio e il suo Presidente."

Gli articoli 5 e 6 fissano la composizione e le funzioni del Consiglio del Collegio regionale. Infatti si dice "il Consiglio regionale è composto dai presidenti dei collegi provinciali e da un delegato ogni cinquanta iscritti o frazioni superiori a venti per ogni provincia" (art.5 c.1). Mi sa che verrà fuori un bel numero di delegati. Una gran massa di persone a cui bisognerà dare uno stipendio. Chi pagherà tutte queste persone? Te lo lasciamo immaginare.

Pretendi mica che tutte ste persone stiano lì a gratis, infatti l'art. 7 fissa le funzioni del Consiglio del Collegio regionale. Un bel po' di lavoro da sbrigare.

Gli art. 7, 8 e 9 pensano invece a sistemare un altro bel po' di persone, infatti si dice: "E' istituito presso ogni capoluogo di provincia un Collegio degli amministratori condominiali e immobiliari, di seguito denominato Collegio provinciale" (art. 7 c. 1).

Gli art. 8 e 9 fissano la composizione e le funzioni del Consiglio del Collegio provinciale. In particolare sono previsti almeno cinque membri; oltre i cento iscritti si prevede di aggiungere un membro ogni venticinque associati. C'è quindi lavoro per tutti. (le promesse in campagna elettorale trovano qui la loro materializzazione).

Ma chi paga tutte queste persone? La loro partecipazione ai vari Collegi e Consigli è gratuita o a titolo oneroso? La proposta di legge non specifica.

Il Consiglio provinciale è chiamato a sgobbare di più, infatti è previsto che deve tenere un fascicolo personale e un archivio del Collegio provinciale per la conservazione di diversi atti (scartoffie): verbali di assemblee condominiali con la nomina dell'aministratore, regolamento condominiale, bilanci, preventivi e consuntivi condominiali.

Burocrazia, e ancora burocrazia: Consigli, Collegi regionali, provinciali, archivi, fascicoli.

Il fascicolo personale invece fa riferimento ad ogni amministratore e deve contenere documenti relativi alle ricevute dei versamenti e ogni altra documentazione relativa all'attività dell'iscritto.

Quindi c'è un bel po' di lavoro per mettere ordine in questa mole di carta che si potrebbe accumulare.

La parte interessante però sono le sanzioni disciplinari che prevedono (art. 13 c. 1):

  • a) ammonizione scritta;
  • b) la censura con penale fino ad un massimo di mille euro;
  • c) la sospensione dell'esercizio professionale da un minimo di due mesi ad un massimo di dodici mesi con una penale da mille euro a seimila euro;
  • d) la radiazione dall'Albo.

Il bello è che il comma 2 dell'art. 13 prevede che "l'ammonizione scritta è comminata in casi di mancanze lievi, di negligenze del proprio operato e di inesattezze non gravi nella contabilità condominiale". Ci piacerebbe sapere chi dovrà stabilire cosa è "lieve", "non lieve", "grave" e "non grave" nella contabilità condominiale e fino a che punto arriva la "non gravità" o "gravità" di un comportamento, termini tutti relativi e imprecisi.

La risposta la troviamo nell'art. 12 c. 4: "Le sanzioni disciplinari sono irrogate con specifica deliberazione del Consiglio del Collegio provinciale, adottata in una seduta alla quale sia presente la maggioranza dei suoi membri".

Ora io, proprietario di casa che mi trovo a fare i conti con un amministratore ligure a mio avviso scorretto, a chi lo denuncio? Alla magistratura o al Consiglio del Collegio provinciale? E chi mi garantisce che ad una eventuale condanna seguirà una sanzione disciplinare degna del reato commesso?

A nostro avviso le sanzioni disciplinari previste sono ben poca cosa perché l'art. 13, c. 3 prevede che: "la censura è comminata in caso di mancanze non lievi, di omissioni colpevoli, di gravi inessattezze nella contabilità condominiale, di mancato rendiconto nonché di cumulo di tre ammonizioni ...". e cosa vuoi che sia una sanzione di mille euro (meno di due milioni di vecchie lire) in condomini dal budget di alcune centinaia di milioni di vecchie lire?

Concludiamo con le norme transitorie che prevedono la scelta dei componenti dei Consigli provvisori tra quelli che all'entata in vigore della legge risultano amministratori condominiali di almeno quattro condomini o almeno cinquanta unità immobiliari.

Mentre per l'iscrizione di diritto all'albo, senza esami, è previsto essere amministratori di non meno di dieci condominii o di 100 unità immobiliari da almeno cinque anni, basta farne richiesta. Una discriminazione inaccettabile che tutela il grande e punisce il piccolo.

L'ALAC, l'associazione liberi amministratori condominiali, ha espresso il proprio dissenso in una lettera inviata al Presidente della Regione Liguria.

E qui noi non possiamo che unirci all'iniziativa dell'ALAC e ribadire anche la nostra contrarietà a tutto il disegno di legge. Un disegno di legge che, oltre a quanto denunciato dall'ALAC, non fa che incrementare la burocrazia, le scartoffie, il parassitismo che sottrae ricchezza per destinarla a servizi, a nostro avviso, inutili, dai costi elevati e che finiscono per ripercuotersi sugli utenti finali: i proprietari di casa.